Introduzione: cosa sono i magnetotermici e i differenziali
Gli interruttori magnetotermici e differenziali sono dispositivi di protezione essenziali negli impianti elettrici industriali e del terziario. Essi garantiscono sicurezza per le persone e continuità di esercizio per le apparecchiature, intervenendo in caso di guasti come sovraccarichi, cortocircuiti o dispersioni verso terra. Capire il loro principio di funzionamento è fondamentale per i responsabili tecnici e gli energy manager che devono gestire impianti complessi.
Infatti in ambienti industriali possono verificarsi scatti intempestivi – aperture indesiderate dei dispositivi di protezione in assenza di un reale guasto. Questi interventi non voluti comportano interruzioni dell’alimentazione senza motivo e degradano la qualità e la continuità del servizi, con potenziali fermo-impianto e disagi produttivi. Spesso la causa va ricercata nei disturbi di Power Quality: armoniche, squilibri di tensione, fluttuazioni rapide (flicker), sovratensioni transitorie, etc. Nella seconda parte di questo articolo approfondiremo proprio il legame tra qualità dell’energia e scatti impropri, spiegando perché tali fenomeni disturbano le protezioni, come identificarli e misurarli, e quali soluzioni pratiche adottare per mitigarne gli effetti.
Interruttori Magnetotermici: Principio di Funzionamento
Un interruttore magnetotermico (IMT) è un interruttore automatico progettato per proteggere i circuiti da sovracorrenti, unendo due meccanismi di intervento in un unico dispositivo compatto. La protezione termica salvaguarda dai sovraccarichi prolungati: una lamina bimetallica attraversata dalla corrente si riscalda e, dilatandosi, deforma la propria forma fino a far scattare l’interruttore quando la corrente supera il valore nominale per un certo tempo. Questo elemento termico ha un’inerzia calibrata in modo da tollerare piccoli sovraccarichi temporanei (ad esempio spunti all’avvio di motori) ma intervenire se l’assorbimento eccessivo perdura, evitando surriscaldamenti dei cavi e dei carichi.
La protezione magnetica, invece, è dedicata ai cortocircuiti e alle correnti di picco violente. È costituita da un elettromagnete o solenoide calibrato: quando la corrente istantanea supera di molte volte la corrente nominale, il forte campo magnetico generato attrae un otturatore che provoca l’apertura quasi istantanea del circuito. In questo modo si interrompe rapidamente un cortocircuito limitando i danni (ad esempio previene che la corrente di guasto provochi l’incendio dei cavi o la distruzione dei componenti a valle). Il tempo di intervento magnetico è quasi immediato (pochi millisecondi), contrastando efficacemente i guasti bruschi, mentre la parte termica ha un ritardo intenzionale inversamente proporzionale all’entità del sovraccarico (curve di intervento di tipo ritardato inverso).
Ogni interruttore magnetotermico è caratterizzato da una curva tempo-corrente (curva di intervento) definita dalla normativa, che ne descrive la sensibilità magnetica. Ad esempio, in ambito civile sono comuni: curva B (intervento magnetico per correnti di 3–5 volte la In), curva C (5–10 × In, la più usata, adatta a carichi generali) e curva D (10–20 × In, per carichi molto induttivi con forti correnti di spunto). In contesti industriali esistono anche curve speciali come la K o Z, più adatte a proteggere, rispettivamente, circuiti con grossi motori/trasformatori oppure dispositivi elettronici molto sensibili. La scelta della curva adeguata assicura che l’interruttore non intervenga inopportunamente su correnti transitorie lecite (ad esempio l’avviamento di un motore in curva D), ma intervenga rapidamente sui guasti reali.
Interruttori Differenziali: Principio di Funzionamento
Gli interruttori differenziali (noti comunemente come salvavita, o RCCB/RCBO se combinati col magnetotermico) sono dispositivi di protezione che intervengono in caso di correnti di dispersione verso terra. Il loro funzionamento si basa sul principio del bilanciamento delle correnti nei conduttori attivi: all’interno del differenziale un toroide magnetico racchiude i conduttori di fase e neutro del circuito, fungendo da trasformatore di corrente. In condizioni normali, la somma algebrica delle correnti che percorrono fase + neutro è zero (tutta la corrente che va al carico nel conduttore di andata ritorna attraverso il neutro); il flusso magnetico nel toroide si annulla e il differenziale resta chiuso. Se invece parte della corrente sfugge attraverso un guasto a terra – ad esempio attraverso il corpo di una persona che tocca accidentalmente un conduttore in tensione – il bilancio tra fase e neutro non è più zero: la differenza (corrente differenziale) genera un flusso magnetico nel toroide che, superata una soglia prefissata (sensibilità I, tipicamente 30 mA per la protezione persone), attiva un relè di sgancio aprendo il circuito in pochi decimi di secondo. In tal modo l’interruttore differenziale interrompe l’alimentazione prima che la corrente di guasto possa causare folgorazione o incendi.
I differenziali si classificano in base alla forma d’onda delle correnti di dispersione che sono in grado di rilevare, secondo le norme IEC/EN dedicate. Le principali categorie sono:
- Tipo AC: rileva solo correnti differenziali di forma sinusoidale alternata pura (50 Hz). È il tipo base, adatto a carichi esclusivamente resistivi senza componenti elettroniche.
- Tipo A: rileva sia correnti sinusoidali sia correnti pulsanti unidirezionali (correnti con componente continua fino a 6 mA). Questo è il tipo più utilizzato in ambito generale, efficace anche in presenza di alcune sovratensioni impulsive (es. dovute a dispositivi elettronici o fulminazioni).
- Tipo F: evoluzione del tipo A, progettato per funzionare anche con correnti differenziali a frequenza multipla rispetto ai 50 Hz o con componenti di diversa natura (tipiche di circuiti monofase con inverter o azionamenti elettronici). Gli interruttori tipo F assicurano un’elevata resistenza agli scatti intempestivi grazie a un breve ritardo intenzionale incorporato, che previene interventi indesiderati migliorando la continuità di servizio.
- Tipo B: sensibili a correnti differenziali sia AC sia DC anche di elevata componente continua o ad alta frequenza. Sono impiegati in circuiti con convertitori a frequenza variabile, raddrizzatori, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica EV, dove possono circolare correnti di guasto con componente continua oltre i limiti gestibili dai tipo A/F.
Nei quadri elettrici, spesso la protezione differenziale è combinata con quella magnetotermica in un unico dispositivo (magnetotermico differenziale o RCBO) che unisce entrambi i principi: così si ottiene protezione completa da sovraccarichi, cortocircuiti e guasti verso terra in un solo apparecchio compatto per ciascun circuito. In alternativa, si possono avere interruttori differenziali puri (RCCB) a monte e magnetotermici in serie a valle. In ogni caso, una corretta coordinazione tra i dispositivi (selettività) è importante: ad esempio, in un impianto con più livelli di protezione differenziale, si impiegano spesso differenziali “S” selettivi (a intervento ritardato e più immuni ai disturbi) a monte e differenziali immediati ad alta sensibilità a valle, in modo che un eventuale guasto a terra venga eliminato solo dal dispositivo più vicino al guasto, evitando di togliere tensione all’intero impianto.
Figura : un esempio di differenziale privo di magnetotermico , ma predisposto per essere accoppiato ad un magnetotermico
Scatti Intempestivi e Power Quality negli Impianti Industriali
Scatto intempestivo è il termine usato per indicare l’intervento indesiderato di un dispositivo di protezione in assenza di un guasto effettivo nell’impianto. Questo fenomeno è particolarmente critico negli impianti industriali e del settore terziario, dove un’interruzione imprevista dell’alimentazione può fermare linee produttive, sistemi informatici o servizi critici, causando perdite economiche e rischi per la sicurezza. Come anticipato, molte attivazioni improprie – specialmente dei differenziali ma talvolta anche dei magnetotermici – sono riconducibili a problemi di qualità dell’energia elettrica (Power Quality).
Per Power Quality si intende l’insieme delle caratteristiche della tensione e corrente di alimentazione che ne definiscono la “qualità” e idoneità all’uso: forma d’onda sinusoidale regolare, ampiezza e frequenza stabili entro tolleranze, assenza di disturbi o interruzioni. Nei contesti moderni, l’ampia diffusione di carichi elettronici e non lineari (azionamenti a velocità variabile, convertitori statici, alimentatori switching, lampade a LED con driver, ecc.) e i complessi sistemi di distribuzione comportano spesso una degradazione della qualità della fornitura elettrica. Di seguito analizziamo le principali perturbazioni di Power Quality che possono provocare scatti impropri delle protezioni, e il meccanismo con cui ciò avviene:
- Armoniche di corrente e tensione: Le armoniche sono componenti sinusoidali a frequenze multiple della fondamentale di rete (50 Hz), che deformano la forma d’onda originaria. Sono generate da carichi non lineari (inverter, saldatrici, alimentatori elettronici, ecc.) che assorbono corrente in modo distorto invece che sinusoidale puro. Le armoniche di corrente non producono effetto utile ma circolano nel sistema elettrico causando vari problemi: ad esempio surriscaldamento dei conduttori di neutro (le armoniche di ordine 3 e multipli dispari, dette triplette, si sommano nel neutro invece di annullarsi), perdite addizionali nei trasformatori, vibrazioni e sovratensioni di risonanza sui condensatori di rifasamento. Dal punto di vista delle protezioni, un alto contenuto armonico implica correnti efficaci (RMS) più elevate a parità di potenza trasferita: dunque un magnetotermico può trovarsi a intervenire termicamente perché la corrente distorta (ricca di armoniche) ha un valore efficace superiore al previsto, anche se la componente fondamentale sarebbe sotto il limite. Inoltre, le armoniche ad alta frequenza possono interferire coi differenziali: correnti di guasto ad alta frequenza oppure componenti in continua possono saturare parzialmente il toroide o non essere adeguatamente rilevate da un differenziale di tipo AC standard, inducendo scatti indesiderati o mancati interventi corretti. Ad esempio, frequenti casi di scatto intempestivo nei differenziali derivano da correnti di dispersione con contenuto armonico: molti dispositivi elettronici immettono piccole correnti verso terra tramite filtri EMI (condensatori tra fase/neutro e terra). Se nella rete sono presenti numerose apparecchiature di questo tipo, le loro correnti di dispersione si sommano; in presenza di armoniche a più alta frequenza, la reattanza capacitiva di questi filtri diminuisce e le correnti disperse aumentano, avvicinandosi alla soglia di intervento differenziale. In pratica, anche senza un guasto, il differenziale misura un residuo permanente (fuga capacitiva) di alcuni mA: valori che, se raggiungono o superano ~50% della sensibilità, rendono molto probabile uno scatto intempestivo ad ogni ulteriore piccolo disturbo. Non a caso, norme tecniche consigliano di mantenere la somma delle correnti di dispersione “permanenti” sotto circa il 30% della Idn del differenziale, proprio per evitare interventi spurii.
- Squilibri di tensione: Un squilibrio si ha quando le tre fasi di un sistema trifase non presentano tensioni uguali (in modulo e angolo). Tipicamente avviene per distribuzione disomogenea dei carichi monofase sulle tre fasi, o per guasti su una fase. Anche squilibri modesti (es. 2–3% di differenza di tensione tra le fasi) possono innescare effetti amplificati: nei motori trifase, ad esempio, uno squilibrio del 2–3% in tensione può generare oltre il 20% di squilibrio nelle correnti assorbite, causando surriscaldamenti di oltre 30 °C nei loro avvolgimenti. Ciò può far scattare protezioni termiche o magnetotermiche dei motori, pur senza un sovraccarico apparente, semplicemente perché una fase è più stressata. Uno squilibrio di tensione inoltre crea una componente di sequenza negativa che riduce la coppia dei motori e aumenta le perdite. Per i differenziali, lo squilibrio in sé non causa direttamente scatti (finché tutta la corrente di ogni fase ritorna sul neutro, il bilancio resta nullo), ma indirettamente può contribuire a disequilibri di corrente e maggiori correnti di neutro: se un neutro comune è percorso da correnti elevate per squilibri, e magari alcuni cavi condividono tratti con terra o schermi, può indurre dispersioni anomale. In generale, lo squilibrio è un indice di scarsa qualità che può accompagnarsi ad armoniche o altri problemi. La norma EN 50160 raccomanda per le reti pubbliche di bassa tensione di mantenere lo squilibrio (rapporto componente inversa/diretta) sotto il ~2% per il 95% del tempo. Squilibri marcati richiedono azioni correttive, ad esempio riequilibrando i carichi sulle fasi o installando uno stabilizzatore di tensione che compensi automaticamente le differenze fase-fase.
- Flicker (Variazioni rapide di tensione): Il flicker è un fenomeno di lampeggiamento delle luci causato da rapide e ripetitive oscillazioni della tensione di alimentazione. È tipicamente originato dall’inserzione o variazione brusca di carichi di grande potenza: avviamenti di grossi motori, saldature ad arco, forni elettrici, ecc., che causano cali di tensione momentanei e ripetitivi. Dal punto di vista della Power Quality, il flicker è misurato tramite l’indice Pst (short term flicker) che non dovrebbe superare 1.0 (valore relativo alla percezione umana) per il 95% del tempo secondo EN 50160. Sebbene il flicker in quanto tale non faccia scattare direttamente un magnetotermico o un differenziale (non è un guasto, ma una serie di piccole fluttuazioni), i suoi effetti possono essere indiretti: forti variazioni cicliche di tensione sollecitano i componenti e possono ad esempio provocare falsi interventi di relé di minima tensione, riavvii indesiderati di apparecchiature elettroniche e, se combinati con altre perturbazioni, possono aumentare la probabilità di scatti intempestivi. Un impianto affetto da flicker severo è spesso soggetto anche ad altri disturbi (armoniche elevate, transitori frequenti), dunque il flicker è un segnale spia di condizioni di esercizio stressanti che meritano approfondimento.
- Sovratensioni transitorie: I transienti o sovratensioni impulsive sono picchi di tensione brevissimi (da microsecondi a pochi millisecondi) ma di ampiezza molto elevata, che si propagano sulla rete. Possono essere causati da fulmini (scariche atmosferiche indirette sulle linee) oppure da manovre elettriche (ad es. inserzione o disinserzione di condensatori di rifasamento, sgancio di carichi induttivi, riaccensione dopo un blackout, ecc.). Un transitorio tipico può superare il 110%–150% della tensione nominale per brevissimo tempo. Questi impulsi di tensione si accoppiano nei circuiti e possono generare correnti impulsive attraverso capacità parassite verso terra o tramite scaricatori e protezioni: ad esempio, all’accensione di grandi motori o durante un fulmine distante, i condensatori verso terra (filtri EMI) possono improvvisamente scaricare qualche ampere verso terra per pochi millisecondi. Un differenziale standard di tipo AC o A potrebbe interpretare questo impulso come una dispersione e scattare intempestivamente. Allo stesso modo, un picco di corrente molto ripido su una fase può indurre, tramite accoppiamenti, un passaggio transitorio di corrente nel conduttore di terra o uno sbalzo nel sensore differenziale. Le sovratensioni possono anche portare ad un guasto reale (es. rottura dell’isolamento in un apparetto), ma spesso prima che ciò accada possono generare falsi interventi delle protezioni se queste non hanno adeguata immunità.
In sintesi, una scarsa Power Quality – con alti livelli di distorsione armonica, marcati squilibri, flicker frequente o transienti/rifasamenti bruschi – può creare condizioni anomale in cui gli interruttori di protezione aprono il circuito senza che vi sia un guasto. Per individuare esattamente quale fenomeno stia causando scatti intempestivi, occorre passare all’analisi strumentale dei disturbi.
Identificazione e Misura dei Disturbi di Power Quality
La diagnosi dei problemi di Power Quality si effettua mediante misure mirate dei parametri elettrici e l’osservazione correlata degli eventi di scatto. I passi principali per identificare e quantificare i disturbi includono:
- Misura della distorsione armonica (THD): La Total Harmonic Distortion è l’indicatore percentuale che esprime il livello globale di armoniche presenti rispetto al valore fondamentale. Si calcola separatamente per corrente (THDI) e tensione (THDU). Un analizzatore di rete raccoglie i valori delle singole armoniche (di solito fino al 40° ordine o più) e calcola la THD per la tensione (analogamente per la corrente). In un sistema ben comportato, la THDU dovrebbe restare bassa (tipicamente qualche %). La norma EN 50160, ad esempio, fissa per la tensione di alimentazione un limite di THDU dell’8% (valutato su una settimana) da non superare nel 95% del tempo. Se dalle misure risulta che la THD di tensione è vicina o supera tale soglia, significa che la forma d’onda è significativamente deformata. Ancora più importante in ottica di scatti intempestivi è misurare la THD di corrente sui circuiti dove intervengono le protezioni: una THDI molto elevata (anche >50% in certi casi con molti carichi elettronici) indica che gran parte della corrente non è fondamentale a 50 Hz ma armonica – situazione che, come visto, può innescare interventi termici indesiderati nei magnetotermici e sovraccaricare il neutro. Analizzando con lo strumento la spettrografia delle armoniche, si può spesso identificare il colpevole: ad esempio, predominanza della 5ª e 7ª armonica indica inverter o drive trifasi, molta 3ª armonica indica molti carichi monofase con alimentatori switching, ecc. Confrontare i livelli di armoniche a monte e a valle di specifici carichi permette di isolare quali apparecchiature immettono i disturbi maggiori.
- Monitoraggio di eventi transitori e rapid voltage changes: Per cogliere sovratensioni impulsive o rapidi cambi di tensione, è necessario un analizzatore che campioni ad alta velocità o un registratore di transitori. Strumenti di classe IEC 61000-4-30 Class A sono in grado di rilevare automaticamente e con precisione eventi come picchi di tensione, buchi di rete (dips), rapidi abbassamenti o innalzamenti, fornendo timestamp e durata. Ad esempio, se i differenziali scattano principalmente durante temporali o all’accensione di grandi motori, il logger PQ evidenzierà picchi di tensione (es. +150% per 200 microsecondi) coincidenti con gli eventi di scatto, confermando il nesso causa-effetto. Si può anche utilizzare un oscilloscopio con trigger su surges per catturare la forma d’onda anomala. Inoltre, misurare il creep di corrente differenziale (le dispersioni presenti in condizioni normali) con una pinza amperometrica ad alta sensibilità intorno ai cavi può aiutare: se un circuito ha già, ad esempio, 10–12 mA di dispersione “di base” su un differenziale da 30 mA, basterà un impulso aggiuntivo di pochi mA a farlo scattare. In tal caso, l’analisi deve concentrarsi su quale gruppo di apparecchiature genera tale dispersione continua.
- Analisi di squilibri e flicker: Un buon analizzatore di rete misura anche lo squilibrio di tensione (% di componente inversa) e l’indice Flicker Pst secondo IEC 61000-4-15. Registrando questi parametri per alcuni giorni, si può verificare se la fornitura elettrica rientra nei limiti contrattuali e normativi (EN 50160 prescrive ad esempio ±10% max di variazione di tensione, squilibrio <2–3%, flicker Pst < 1 per il 95% del tempo, etc.). Se gli scatti intempestivi coincidono con momenti di forti variazioni di carico, l’analisi potrebbe mostrare ad esempio che durante l’avvio di un grosso compressore la tensione scende dell’15% causando un buco di rete con Pst elevato: informazioni che suggeriscono di intervenire su quel carico (con avviatori soft-start, compensatori dinamici di tensione, etc.).
In generale, l’utilizzo di strumenti certificati Classe A secondo IEC 61000-4-30 garantisce misure affidabili e confrontabili dei parametri di Power Quality. I dati raccolti vanno poi confrontati con gli eventi di scatto intempestivo delle protezioni: la correlazione temporale tra un disturbo e l’apertura di un interruttore fornisce la chiave per identificare la causa. Ad esempio, se il differenziale generale scatta sempre intorno alle 22:00 quando entrano in funzione dei grandi forni, e l’analizzatore mostra in quei momenti un THD di corrente altissimo e un picco di dispersione verso terra, è probabile che i forni stiano generando armoniche o correnti di fuga che attivano la protezione.
Soluzioni e Mitigazioni per Scatti Impropri
Identificata la causa o i disturbi responsabili, è possibile implementare diverse soluzioni tecniche per eliminare o almeno ridurre drasticamente gli scatti intempestivi. Spesso è necessario combinare più interventi, affrontando sia il lato disturbo (migliorando la power quality) sia il lato immunità delle protezioni. Di seguito alcune azioni pratiche ed accorgimenti utili:
- Filtraggio delle armoniche: Per ridurre il contenuto armonico nelle correnti di impianto, si possono installare filtri armonici passivi oppure filtri attivi. I filtri passivi sono circuiti risonanti tarati su specifiche frequenze (es. L-C per 5ª, 7ª armonica) che assorbono selettivamente quelle componenti, alleggerendo il resto dell’impianto. I filtri attivi sono convertitori elettronici che monitorano la corrente e iniettano la forma d’onda opposta alle armoniche misurate, cancellandole in tempo reale. Un approccio minimo, in presenza di rifasamento a capacitori, è l’uso di induttanze di blocco sulle batterie di condensatori: ciò evita che i condensatori amplifichino le armoniche (risonanza) e riduce le correnti armoniche circolanti. Il risultato è una corrente più sinusoidale e minori rischi di interventi termici dei magnetotermici o di surriscaldamento dei neutri. Riducendo le armoniche si ottiene anche un miglioramento generale dell’efficienza energetica e si allungano i tempi di vita di motori e trasformatori.
- Adozione di interruttori differenziali ad alta immunità: Dal lato delle protezioni, una soluzione immediata è sostituire i differenziali standard con modelli progettati per resistere ai disturbi. In commercio esistono differenziali detti “antiperturbazione” o ad alta immunità: tipicamente sono di tipo A (o F) con immunità rinforzata oppure differenziali con sigla specifica (ad esempio APR per alcuni produttori). Questi dispositivi integrano accorgimenti costruttivi per non reagire a transitori brevissimi e per tollerare correnti impulsive di elevata ampiezza senza scattare. Ad esempio, un differenziale selettivo o ad alta immunità ha un piccolo ritardo intenzionale (nell’ordine di qualche millisecondo o decina di ms) che filtra i disturbi molto brevi. Inoltre, ha una maggiore resistenza ai picchi impulsivi: mentre un differenziale AC standard può scattare con un impulso di 250 A di picco (onda 8/20 µs), dispositivi immunizzati possono sopportare impulsi di 3000 A o superiori senza intervento. In pratica, ciò significa che un fulmine lontano o lo spunto di un condensatore non faranno aprire il differenziale principale. È importante selezionare il tipo corretto in base ai carichi: per circuiti con elettronica di potenza (inverter, UPS, azionamenti), usare almeno differenziali tipo A o tipo F invece dei tipo AC; per sistemi con componenti in continua significative (es. impianti fotovoltaici, drive a velocità variabile trifase) impiegare differenziali tipo B. In cascata, prevedere a monte dispositivi selettivi (tipo S) a sensibilità più alta (100 mA o 300 mA) che fungano da protezione generale immune ai disturbi, mentre a valle utilizzare differenziali immediati a sensibilità fine (30 mA) solo dove serve protezione personale: questa configurazione garantisce sicurezza ma evita che un singolo evento disturbi tolga tensione all’intero impianto.
- Limitare le dispersioni e suddividere i circuiti: Come accennato, un fattore determinante per i falsi scatti dei differenziali è l’accumulo di correnti di dispersione ordinarie dovute a tanti dispositivi. Una buona pratica progettuale è limitare il numero di apparecchiature per ogni RCD: ad esempio, invece di un unico differenziale da 30 mA a monte di molte linee, suddividere i carichi su più differenziali (magari uno per reparto o per tipo di utilizzo). Questo confinamento riduce la somma delle correnti disperse su ciascun dispositivo, e localizza eventualmente i guasti reali. Inoltre, se possibile separare le linee con maggiori dispersioni (es. illuminazione con tante lampade elettroniche, o circuiti con molti computer/UPS) dedicando loro differenziali indipendenti: in tal modo, anche se una linea del genere avrà un alto livello di dispersione, non influirà sulle altre. Un altro accorgimento è ridurre la capacità verso terra dei cavi: cavi molto lunghi o di sezione elevata hanno capacità distribuita che genera correnti di dispersione capacitive. In impianti estesi, si può valutare l’impiego di cavi a trecciuola o con schermo collegato a terra da un solo lato, per minimizzare correnti capacitive, oppure utilizzare differenziali a soglia leggermente superiore (es. 100 mA) per le linee lunghissime dove non siano richiesti 30 mA per contatto diretto. In ogni caso, conoscere quanta corrente di fuga statica ha ogni circuito (misurandola con idonee pinze) permette di dimensionare opportunamente numero e sensibilità dei differenziali.
- Correzione degli squilibri e stabilizzazione della tensione: Se l’analisi di rete evidenzia squilibri consistenti o buchi di tensione frequenti, potrebbe essere necessario intervenire sulla distribuzione dei carichi o aggiungere apparecchiature di compensazione. Ad esempio, riequilibrare i carichi monofase spostando alcune utenze da una fase sovraccarica a un’altra meno utilizzata riduce lo squilibrio di tensione. Per fluttuazioni di tensione dovute a carichi variabili, si possono installare stabilizzatori di tensione elettronici o sistemi UPS con regolazione, che mantengono l’uscita entro limiti accettabili anche quando la rete oscilla. In casi più complessi (es. presenza di macchinari che generano flicker intenso come saldatrici o laminatoi), si può optare per compensatori dinamici di var del flicker o filtri attivi di tensione: dispositivi in grado di iniettare potenza reattiva rapidamente per smorzare le oscillazioni di tensione. Sebbene queste soluzioni siano più rivolte a migliorare la qualità dell’energia fornita alle utenze (con benefici sulla vita delle macchine), indirettamente aiutano anche a prevenire interventi impropri di protezioni sensibili a certe soglie (ad es. relé di minima tensione, dispositivi di controllo che altrimenti riarmerebbero, ecc.).
- Protezione contro sovratensioni transitorie: Per ridurre l’impatto dei transienti, è buona norma dotare gli impianti di SPD (Surge Protective Devices) opportunamente coordinati. Uno scaricatore di sovratensione a monte (tipo II o combinato Tipo I+II se c’è rischio fulmini diretto) devierà a terra i picchi oltre soglia, proteggendo sia le apparecchiature sia – incidentalmente – prevenendo che quel picco viaggi nei differenziali a valle. Attenzione però: gli SPD di tipo limitatore (varistori) hanno una piccola corrente di dispersione continua e in caso di forte sovratensione scaricano verso terra, quindi vanno scelti SPD con basso leakage e preferibilmente coordinati con differenziali selettivi (un SPD ben dimensionato comunque ridurrà il picco a un livello che i differenziali immunizzati possono reggere senza scattare). Anche l’uso di reti di terra ben progettate aiuta: assicurare basse impedenze di terra fa sì che i disturbi impulsivi si scarichino rapidamente a terra senza “attraversare” percorsi indesiderati.
- Formazione e manutenzione preventiva: Infine, oltre agli interventi tecnici, va considerato l’aspetto gestionale. I responsabili tecnici dovrebbero mantenere un registro degli scatti intempestivi, annotando date, orari e condizioni operative al contorno: ciò facilita l’individuazione di pattern (es. sempre a inizio turno di una certa macchina). Una manutenzione elettrica preventiva può evitare molte cause di disturbo: ad esempio il serraggio periodico dei collegamenti del neutro (un neutro allentato crea sbilanciamenti e sovratensioni sui carichi monofase), la verifica dei condensatori di rifasamento (se degradati, possono causare armoniche elevate o esplodere causando transienti), la pulizia dei quadri da polvere e umidità (per evitare correnti di dispersione superficiale). Anche aggiornarsi sulle normative e sulle soluzioni tecnologiche (nuovi tipi di interruttori differenziali, analizzatori di rete avanzati, etc.) fa parte delle buone pratiche per un energy manager consapevole.
Suggerimenti
Trattare gli scatti intempestivi come preziosi campanelli d’allarme. Invece di limitarsi a riarmare un interruttore che “inspiegabilmente” è scattato, conviene investigarne le cause: spesso è l’occasione per scoprire un problema latente di power quality o un errore di coordinamento nell’impianto. Risolverlo in modo sistemico porterà benefici duraturi all’azienda, sia in termini di sicurezza elettrica sia di efficienza operativa.